Pelle è un film Netflix del 2017 di nazionalità spagnola passsato in sordina a molti, eppure possiede delle peculiarità per il quale merita di essere nominato. Lo show è stato diretto da Eduardo Casanova, un giovanissimo regista – classe 1991 – famoso nella penisola iberica per la serie televisiva Aída di Telecinco e per aver diretto e sceneggiato diversi cortometraggi. Pelle è stato il suo primo feature film. Nel cast compaiono Ana María Ayala, Ana Polvorosa (Le ragazze del centralino), Antonio Durán “Morris”, Candela Pena, Carmen Machi, Eloi Costa, Itziar Castro, Joaquín Climent, Jon Kortajarena, Macarena Gómez e Secun de la Rosa. Nel 2018 ha vinto il premio Goya.

Una scenografia rosa Barbie 

Pelle, CinemaTown.it

Prima ancora che la trama o i personaggi, quello che colpisce è la scenografia, costituita da colori pastello che si alternano tra il viola-lilla e il rosa chewing-gum, tonalità che non si addicono a una trama di questo tipo né all’atmosfera che aleggia per tutta la durata del film. Ma il punto è proprio questo; l’ambientazione, il background vogliono forse richiamare il mondo di Barbie, la bambola perfetta per antonomasia, bionda, bella, dalle gambe lunghe – una super modella, insomma a cui tutte le ragazze aspirano – che fanno da sfondo a un contesto che di Barbiesco non ha nulla, ma anzi, contorna le vite di personaggi deformi, brutti, malati, che non rientrano in alcun modo nello standard di bellezza a cui siamo comunemente abituati e che comunemente accettiamo.

L’altro punto di vista, opposto, è che i colori pastello stridono, attirano come un livido blu su un volto pallido e fanno di tutto per urlare all’attenzione. Insomma, se non sei un fan di Barbie, il rosa pastello non ti piace. Ti disturba. E questo film è disturbante. E il fatto che questo contenuto così disturbante venga inserito in una piscina di tinte così allegre, vivaci e innocenti, rende il tutto doppiamente disturbante.

Tra Freak Show e favola moraleggiante

Pelle, CinemaTown.it

Quando si guardano i protagonisti di questo film, il primo collegamento che ci viene in mente è un Freak Show; gli amanti di American Horror Story sicuramente sicuramente avranno pensato alla quarta stagione della serie, intitolata proprio Freak Show, che parla di persone con malformazioni o che non rientrano nei tipici canoni di aspetto fisico – dei fenomeni da baraccone, insomma, che fanno l’unica cosa che i fenomeni da baraccone possono fare: lavorare al circo.

Eppure i protagonisti di Pelle, non sono dei fenomeni da baraccone, anche se in tal modo vengono visti dalla società. Sono persone con vite normali, o che quantomeno ci provano ad avere delle vite normali, persone che vorrebbero vivere come chiunque, avere una vita sociale, delle relazioni. E questo forse li pone in un contesto molto più complesso perché al di fuori di un ambiente nel quale possono riconoscersi e convivere con “i propri simili” viene a mancare l’appoggio, il supporto che può dare l’avere una rete sociale. Tutto diventa estremamente difficile, tanto che il film è per la gran parte del tempo cupo, amareggiante, e ingiusto.

Eppure la storia non è priva di un messaggio, un po’ come lo era quell’altro contenuto netflixiano della stessa nazionalità, Il Buco. Ma, mentre Il Buco lanciava un messaggio più politico-sociale, Pelle vuole essere un grido all’auto-accettazione. Il finale vuole essere positivo, eppure anche negli ultimi secondi c’è qualcosa che lascia comunque con l’amaro in bocca, una sorta di inquietudine e disagio per un finale che lascia col dubbio di non aver capito bene il film e di qualcosa che voleva essere perversamente contorto ma mascherato con il messaggio di body positivity.

Altri richiami

Pelle, CinemaTown.it

Analizzando più in profondità il film, quello che potrebbe sembrare un contenuto originale e controverso, in realtà di originale ha ben poco. C’è da ammettere che la fotografia non ha una scarsa qualità, cercando di concentrarsi in particolare su alcuni dettagli soprattutto dei volti e degli sguardi – anche se ciò che salta all’occhio sono le due scene in cui compaiono delle bandiere spagnole, come a voler rimarcare il paese natale dell’opera, un po’ come ama fare Steven Spielberg nei suoi di film dove cerca sempre di inserire qualche bandiera o simbolo degli Stati Uniti qui e là.

Le tinte e l’ambientazione favolesche ricordano un po’ Il favoloso mondo di Amélie di Jean-Pierre Jeunet e le accese tinte pastello, e oltre ad American Horror Story, il grottesco e la deformità richiamano anche La forma dell’acqua di Guillermo del Toro.

Leggi Anche: Le Ragazze del Centralino – la recensione dell’ultima stagione della serie Netflix

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  • Regia
  • Recitazione
  • Sceneggiatura
  • Fotografia
  • Colonna sonora
3.6

Riassunto

Nel complesso, Pelle merita la visione se si vuole vedere qualcosa di diverso – in particolare chi predilige questi film un po’ grotteschi e senza veli – tuttavia non gode di particolare originalità, quanto piuttosto di un regista alle sue prime armi che dà mostra di essere conoscitore di film di altri registi.