Ritorno al Futuro è ormai un classico senza tempo, trasuda di ironia e spensieratezza che riflettono perfettamente la decade degli anni ‘80. Il 3 luglio 1985 arrivava nelle sale un inatteso successo diretto da Robert Zemeckis e scritto dallo stesso regista e Bob Gale. Un film nato per caso, da una grande idea: trovando un annuario di suo padre, Zemeckis pensò “se io e mio padre avessimo la stessa età saremmo buoni amici”, partendo da questo pensiero è nata la sceneggiatura che tutti conosciamo. Gli anni ‘80 rappresentati come Robert Zemeckis sono ineguagliabili, eppure il film ebbe un inizio decisamente titubante, il regista, a causa del suo ultimo fiasco al botteghino non riusciva a trovare una casa di produzione che avesse il coraggio di supportare il suo progetto.
In primis, Ritorno al Futuro fu proposto alla Columbia che non accettò la sfida, poi alla Disney, ma la parte della sceneggiatura in cui la madre nella sua versione adolescenziale quasi si innamora del proprio figlio era un tema praticamente incestuoso nella casa di Mickey Mouse. Alla fine, fu la Universal che rese possibile la produzione di Ritorno al futuro con il sostegno di Steven Spielberg come produttore esecutivo. Con questi appoggi il film ha ricevuto un budget di 19 milioni ed ha permesso al grande pubblico di viaggiare tre decadi indietro.
Un frigorifero non è una macchina del tempo
Ovviamente,quando una sceneggiatura viene accettata viene in seguito sottoposta a dei cambi da parte degli studios. Il più importante, e anche il più azzeccato è stato la sostituzione di un frigo con la mitica DeLorean come macchina del tempo, la ragione? La preoccupazione di portare i bambini a chiudersi nei frigoriferi di casa propria. Eliminato il frigo entra in scena la DeLorean con le sue iconiche portiere ad apertura verticale che ricordano tanto una navicella spaziale. Dalla sceneggiatura originale venne cambiato anche il modo con cui il flusso canalizzatore si sarebbe generato: invece di ricevere l’energia necessaria per viaggiare nel tempo da un fulmine, originariamente, doveva derivare dalla carica delle bombe nucleari fatte esplodere durante la Seconda Guerra Mondiale. Un tocco troppo politico per un film che sarebbe poi diventato puro e spensierato intrattenimento.
Un eco indipendente
Ritorno al futuro è un film così completo a cui è difficile trovare dei difetti. La parte scientifica probabilmente non è del tutto corretta e passa in secondo piano perché il film non pretende di rappresentare una teoria inconfutabile. Doc è uno scienziato strampalato che ha costruito la DeLorean semplicemente ideandola da un sogno. Ma se non è la parte scientifica a permetterci di viaggiare nel tempo è sicuramente la direzione artistica di Lawrence Pull (il quale aveva già collaborato con Robert Zemeckis), e che ci trasporta direttamente nel 1955. Hill Valley ambientata negli anni ‘50 è una delizia per gli amanti della cultura pop di quegli anni, il tutto accompagnato dalla musica di Alan Silvestri. Probabilmente una delle migliori colonne sonore create dal compositore, una musica che fa da eco alle partiture di John Williams, ma che sarebbe diventata completamente indipendente grazie al semplice leitmotiv che avrebbe caratterizzato il film intero.
Tutti vorremmo essere l’eroe di Hill Valley
Senza dubbio, Zemeckis con questo film ha dimostrato il suo talento come regista e in seguito avrebbe collezionato i successi che tutti noi conosciamo. Con Ritorno al futuro ha saputo gestire un budget relativamente alto, creando una sceneggiatura originale, il cui protagonista con cui il pubblico si è immedesimato immediatamente. Il ritmo del film è incalzante porta ad un climax che lascia allo spettatore una sensazione di appagamento grazie alla chiarezza narrativa.
La sceneggiatura è ricca di ammiccamenti e di informazioni utili che devono restare nella memoria a breve termine, un esempio è la descrizione dell’amore di Marty per la musica all’inizio del film che poi sarebbe servita per la sequenza del ballo. Per non parlare del volantino che annuncia la notizia del fulmine. Dopo Ritorno al futuro, Zemeckis venne considerato come uno dei migliori registi degli anni ‘80, e questo titolo può essergli attribuito solo per la sequenza della persecuzione in skate per la piazza centrale di Hill Valley, una scena da cui fuoriesce l’essenza di Zemeckis e che può essere facilmente considerato uno dei migliori momenti del cinema.
La trilogia senza tempo
Con un misto tra fantascienza, commedia, romanticismo e un certo che di avventura, Ritorno al futuro è stato un vero e proprio successo raggiungendo 210 milioni di dollari al botteghino mondiale e rendendolo un classico senza tempo della settima arte. Il primo capitolo di Ritorno al futuro offre una sceneggiatura in cui il tempo non è lineare, nel sequel il tempo viene ulteriormente spezzettato. In Ritorno al futuro II le linee temporali in cui ci troviamo sono il passato che già conosciamo, il presente diverso da quello a cui eravamo abituati e il futuro. In Ritorno al futuro II, ci vengono presentate delle realtà parallele che accadrebbero nel caso in cui il McGuffin di questo capitolo non venisse distrutto (evitiamo gli spoiler).
Ad ogni modo, questo capitolo ricorda il primo, ma non raggiunge lo stesso fascino che ha incantato gli spettatori nel 1985. Ritorno al futuro II probabilmente (anzi, sicuramente), non ha ricevuto le attenzioni necessarie perchè la post-produzione era in corso mentre Zemeckis stava già lavorando al terzo, il quale, purtroppo manca ulteriormente di incanto. Per il terzo capitolo per cui il regista non era affatto concentrato né a livello registico né di sceneggiatura, Ritorno al futuro III è stata una chiusura infelice di una trilogia che aveva molto potenziale. Con il regista ancora alle prese con il precedente, la sceneggiatura di questo terzo capitolo non ha niente a che fare con i primi.
L’ambientazione ha senso, solamente per il finale di Ritorno al futuro II ma se l’ambientazione poteva essere una scusa per fare un po’ il verso ai film western, in ogni caso il pubblico, stavolta, fa fatica a confrontarsi con i personaggi. Zemeckis per questo ultimo capitolo ha deciso di concentrarsi di più sul personaggio di Doc ma non è stata la scelta migliore. La sceneggiatura si percepisce scarna e nonostante un lavoro di direzione artistica incredibile e lo stesso cast a cui l’audience ormai era affezionato, il terzo capitolo, purtroppo, lascia una sensazione agrodolce che non può essere riscattata.
Nonostante tutte le critiche questa trilogia resta e resterà una delle migliori del cinema perché alla fine ciò che prevale è l’amore per i personaggi e le loro storie che ci hanno fatto viaggiare dal primo capitolo in poi. Una volta iniziato un itinerario con dei buoni compagni di viaggio non si può fare altro che seguirli restando curiosi per i nuovi luoghi (e tempi) che ci mostreranno. La spensieratezza di Ritorno al futuro, la voglia di avere un amico scapestrato come Doc che ci porta in viaggio verso l’ignoto riflette la nostra voglia di avventura. Micheal J. Fox in questo film ha sicuramente centrato appieno la sua interpretazione di McFly (nonostante dormisse tre ore a notte) e Christopher Lloyd come Doc completa il quadro del film di cui avevamo bisogno.
Illustrazione di Pietro Cozzi e Gabriele Sanzo
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