Uno dei dibattiti ancora accesi nel mondo del cinema è quale sia il miglior strumento tra pellicola o digitale per la realizzazione di un film. La risposta a questo quesito (se non consideriamo le limitazioni del budget), è: dipende dal progetto e dal look finale che si vuole ottenere per il proprio film. A prescindere da questo, ci sono delle grandi differenze tra la pellicola e il digitale sia per il risultato che la metodologia di lavoro, ragioni per cui registi come Christopher Nolan o Quentin Tarantino sono grandi difensori della pellicola. Una considerazione importante: quando si inizia a parlare di digitale i processi e il linguaggio tecnico utilizzati rimangono gli stessi della pellicola.

Per creare il digitale gli ingegneri si sono basati sul funzionamento della fotografia analogica, motivo per cui dall’analogico c’è ancora molto da imparare. Alla base della creazione di una telecamera c’è lo studio della luce e, nel caso della pellicola, come un elemento fotochimico reagisce ad un fotone o, nel caso di una sensore, come qualcosa costruito secondo studi di ingegneria elettronica ed informatica possano tradurre un fotone in un segnale video. I film che risultano da questi due mezzi sono molto diversi tra loro, capiamo perchè nel mondo cinematografico esista ancora questa divisione.

Natura e tecnologia

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La cosa più importante da ricordare è il materiale con cui un sensore e una pellicola sono fatti: il primo è fatto di fotositi che insieme creano il filtro Bayer mentre la seconda è composta da materiali naturali sensibili alla luce e sovrapposti tra loro. Già solo sapendo la composizione di questi due oggetti si può estrapolare qualcosa di fondamentale. A seconda della sensibilità della pellicola, esponendola, questa, darà come risultato un certo tipo di immagine. L’esposizione di diversi tipi di pellicola a molta o poca luce e il suo risultato dipende completamente dalle scelte artistiche di chi scatta una foto o riprende un video.

La presenza di ciò che chiamiamo grano (i classici puntini che si muovono in un’immagine), può essere una scelta completamente artistica, in Taxi Driver,per  esempio, è stata usata una pellicola a bassa sensibilità per ottenere un’immagine granulosa per accompagnare l’idea della città e dell’ambiente sporco. Nel caso di un sensore digitale, invece, i fotositi “leggono” la luce, che poi, attraverso dei convertitori, viene trasformata in un segnale digitale e poi tradotta, grazie a dei software in un’immagine. È complicato.

Rispetto a quando il digitale è nato, è solo negli ultimi anni che è aumentato il suo impiego. I limiti informatici per la lettura della luce non erano indifferenti e non essendo qualcosa di naturale che reagisce ad uno stimolo esterno, c’era bisogno di studi per migliorare il risultato, studi che ancora oggi vengono fatti. Come per la pellicola esiste il grano per il digitale esiste quello che chiamiamo “rumore” ma a differenza dell’analogico, questo, non può essere presente in un’immagine perchè non ha lo stesso aspetto che il grano e non è esteticamente bello da vedere se proiettato sul grande schermo.

I colori come onde

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Tutto ciò che abbiamo davanti ai nostri occhi, lo vediamo grazie alla luce e alle radiazioni elettromagnetiche di varie dimensioni che il nostro spettro visibile è in grado di captare. La pellicola ed i sensori hanno la stessa funzione dei nostri occhi e la loro capacità di captare i colori è un’altra caratteristica che fa dubitare i direttori della fotografia e i registi tra quale tipo di telecamera impiegare per il proprio progetto.

Se ogni oggetto riflette la luce e genera delle onde anche noi e la nostra pelle siamo oggetti riflettenti, infatti, ogni tipo di pelle ha il suo tipo di pigmentazione: c’è chi ha la pelle più rossiccia, chi più olivastra e chi ha la pelle scurissima; queste caratteristiche vengono amplificate quando vengono riprese e messe sotto le luci molto potenti utilizzate nei film. Una delle tante specificazioni che, specialmente all’inizio, non piaceva a molti era la consistenza della pelle che attraverso i sensori risultava “troppo digitale” (insieme al resto dell’immagine ovviamente), ma se c’è qualcosa che infastidisce guardare se non ripresa correttamente, quella è la pelle.

Il legame tra pellicola e digitale

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Senza l’analogico non esisterebbe il digitale sia per quanto riguarda il formato sia per il flusso di lavoro impiegato per il risultato finale del film. I formati di una pellicola sono: 35mm, 16mm, 65mm, 70mm e a livello amatoriale il super 8 o 8mm ed ognuno corrisponde ad un diverso rapporto d’aspetto. Il 35mm è il formato classico maggiormente utilizzato che viene preso come base per la creazione di un sensore. Tutti i formati dell’analogico esistono anche a livello digitale, ma alcuni sensori non sono della grandezza reale di un frame di 35mm.

Nel mercato delle telecamere digitali, infatti, è una battaglia costante tra chi crea sensori chiamati Full Frame (equivalenti al 35mm), o della stessa grandezza dei grandi formati del cinema analogico. Questa caratteristica è essenziale per la creazione dell’immagine ed i calcoli matematici dietro alla scelta degli obiettivi che verranno utilizzati (ma questa è tutta un’altra storia). Parte del processo e della metodologia usata nel mondo digitale deriva dall’analogico: esiste un’immagine negativa che viene chiamata logaritmica, il positivo è un’immagine che serve per una previsualizzazione e lo sviluppo è la correzione del colore con programmi e software per computer.

Per tutti questi processi servirebbe un altro articolo di approfondimento, basti solo sapere che il digitale ed i suoi processi derivano direttamente dal fotochimico e che questo, da quando è stato creato ha come scopo quello di sostituire completamente la pellicola. In ogni caso per decisioni artistiche ed estetiche probabilmente nessuno dei due sostituirà l’altro perchè insieme alla crescita tecnologica dei sensori sono state create nuove tecnologie anche per la pellicola che l’ha migliorata e ha reso il flusso del lavoro più scorrevole. La scelta di fotografare un film in uno o nell’altro modo sta in chi crea l’idea del film e a come vuole che restino impressi la luce ed i colori agli occhi di chi guarda.

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