Avevamo lasciato Josh Trank alla sua immensa rabbia e tristezza a seguito del disastro rappresentato da Fantastic Four, stroncato da critica e pubblico nel 2015. Dopo quella brutta caduta, il regista di Chronicle prova a rialzarsi, affidandosi totalmente all’estro di Tom Hardy per la sua rinascita artistica in Capone. Ci sarà riuscito? Il film di Josh Trank narra gli ultimi giorni del famigerato criminale Al Capone (Tom Hardy) che, ormai vecchio e in vittima della demenza senile, rivive il proprio passato attraverso ricordi violenti, confusi e tormentati, in esilio nella sua iconica villa di Miami. Insieme a lui, la fedele moglie Mae (Linda Cardellini) e una lunga serie di parenti ed amici, reali e immaginari, che si susseguono al suo cospetto.

Una storia atipica e coraggiosa per un personaggio inflazionato

capone - cinematown.it

Partiamo subito dicendo che la pellicola di Trank è estremamente coraggiosa e fuori dagli schemi, specialmente per la volontà di rappresentare diversamente la storia, forse un pò inflazionata, di Al Capone, uno dei gangster più temuti e noti del Novecento. Il criminale italoamericano è infatti un personaggio che la cinematografia statunitense e mondiale ha sviscerato più volte, essendo stato rappresentato in svariate occasioni, sia come protagonista che come personaggio secondario.

La prima interpretazione del boss risale al 1959, nel film Al Capone; l’attore prescelto per il ruolo fu Rod Steiger (Hurricane – Il Grido dell’Innocenza). Da allora è comparso al cinema altre quattro volte, di cui una, indimenticabile, ne Gli Intoccabili, portato sul grande schermo nientemeno che da Robert De Niro.

I confronti dunque non mancavano di certo, ma il lavoro di Trank e Hardy non è assolutamente nulla di accostabile ai lavori precedenti. Del gangster assassino delle chiacchiere e distintivo rimangono infatti soltanto il ghigno malefico e la sete di denaro. Per il resto, il temibile Nemico Pubblico Numero Uno è ridotto all’ombra di sè stesso: l’uomo della strage di San Valentino, degli eccidi e del contrabbando illegale di alcool è ormai solo un vecchio che non riesce a controllare la propria vescica e si fa prendere a schiaffi dalla minuta moglie.

Il dilemma morale

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Capone è dunque un film estremamente lento e introspettivo, che mostra la parabola finale del Male assoluto, la discesa agli inferi di Satana in persona (addirittura il personaggio viene accostato da uno zelante e giovane agente FBI alla figura di Adolf Hitler), costretto dalla malattia a mostrarsi in tutta la sua debolezza dopo un’esistenza passata a dominare sui deboli. La dimostrazione che la vita, o il karma in questo caso, quando vuole colpire duro non guarda in faccia davvero a nessuno.

Questa epopea dell’uomo forte che diventa debole, del grande che si fa piccolo di fronte alla più subdola delle malattie, appunto la demenza, offre però ulteriori spunti di riflessione. In particolare, la scena del grottesco interrogatorio tra l’FBI e un ormai assente Al Capone mette di fronte ad un dilemma morale non da poco: Al Capone va considerato, e dunque trattato, come il bandito sanguinario che era, o come l’uomo malato che è? Ci può essere, insomma, pietà di fronte ad un uomo, seppur cattivo, costretto ad arrendersi ad una malattia?

Capone è tutto sulle spalle di Tom Hardy…

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A fronte di qualunque altro discorso, però, rimane solo una cosa da dire: Capone è, di fatto, Tom Hardy. La pellicola si basa, infatti, interamente su di lui. La maggior parte del minutaggio del film, infatti, vede fondamentalmente l’attore britannico inquadrato in volto, senza che nessuno condivida la scena con lui. Un one-man show che mostra ancora di più il talento poliedrico dell’attore, che aveva già dimostrato di saper reggere da solo un intero film in Locke di Steven Knight (75 minuti di inquadratura fissa su di lui). Inoltre, Capone è l’ennesimo schiaffo dello stesso Hardy alle convenzioni recitative: la maniera dissacrante con la quale si pone davanti alla camera è del tutto inaspettata e davvero coraggiosa, come peraltro già erano state altre interpretazioni dell’interprete di Lawless.

Sorprende poi la sua capacità di conferire spessore e dignità a personaggi che ne hanno ben poca, o che comunque hanno un tale livello di eccentricità da rischiare di cadere nella parodia (un altro esempio lampante è quello di Alfie Solomons di Peaky Blinders). Hardy si mostra inoltre del tutto immune dalle catene del machismo hollywoodiano: quello che conta, per lui, è darsi completamente al personaggio per trasmettere qualcosa al pubblico, costi quel che costi. La pellicola che lo ha lanciato, Bronson, è un’altra straordinaria dimostrazione di questa sua tendenza. Tom, insomma, non sembra divertirsi nei ruoli misurati: vuole mettersi in gioco totalmente.

… forse troppo?

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Dobbiamo però aggiungere una postilla a quanto detto sopra. L’enorme interpretazione dell’attore britannico tende infatti ad inglobare totalmente il film, che di fatto non è solamente incentrato, ma del tutto dipendente da lui. Riporre tutto il peso della pellicola su Hardy toglie infatti spazio e meriti ad attori capaci e talentuosi che non hanno però avuto la possibilità di esprimersi a pieno, come Linda Cardellini (Green Book), Kyle MacLaclan (Twin Peaks) e Matt Dillon (La casa di Jack). Il film risulta inoltre leggermente confuso, soprattutto quando si tratta dell’amico di Capone interpretato proprio da Dillon, ma forse l’analogia con la mente del personaggio è puramente voluta, un pò in stile Shutter Island.

Capone è un buon film

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In definitiva, Capone è un film introspettivo e onirico, che mostra un lato nascosto e sconosciuto di una delle figure più rappresentate del cinema hollywoodiano. Ciò che rende davvero particolare il lavoro di Trank è proprio la volontà di rappresentare l’emblema del machismo e dei gangster americani nel suo periodo di debolezza assoluta, senza però mai coprirlo di ridicolo. Mentre l’interpretazione di Hardy è assolutamente superlativa, però, il film tende a ruotare troppo attorno al protagonista, evitando di approfondire alcune sottotrame che sarebbe stato forse interessante sviluppare. Nel complesso, comunque, decisamente da vedere.

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Riassunto

Capone è un film introspettivo e onirico, che mostra un lato nascosto e sconosciuto di una delle figure più rappresentate del cinema hollywoodiano. Ciò che rende davvero particolare il lavoro di Trank è proprio la volontà di rappresentare l’emblema del machismo e dei gangster americani nel suo periodo di debolezza assoluta, senza però mai coprirlo di ridicolo. Mentre l’interpretazione di Hardy è assolutamente superlativa, però, il film tende a ruotare troppo attorno al protagonista, evitando di approfondire alcune sottotrame che sarebbe stato forse interessante sviluppare. Nel complesso, comunque, decisamente da vedere.