La fine del mondo è un argomento che appassiona una vasta frangia di spettatori del cinema e in senso più ampio una larga schiera di amanti del criptico. Come tematica, si trova al centro di numerose diatribe sin dall’inizio del culto religioso, con molti figuri che negli anni ne hanno auspicato la venuta – anche se non è mai accaduta. Il Coronavirus, dal canto suo, ha rinfoltito le fila di coloro che hanno intravisto una qualche giustizia divina o un castigo superiore inflitto da organizzazioni sinistre quanto la SPECTRE, ma la vera fine non sarà mai quella dell’umanità, quanto quella di ciò che essa contiene fin tanto che è in vita. Si tratta dell’era della ragione, che a volte sembra essere agli sgoccioli e che il film da quarantena di oggi prende in esame in maniera capillare.
Melancholia, nucleo centrale della trilogia della depressione di Lars von Trier, inscena una fine del mondo mai vista prima al cinema, dai toni tarkovskiani e allo stesso tempo angoscianti. Disponibile su Prime Video, il film da quarantena di oggi si impegna ad analizzare cosa comporta la fine del nostro pianeta sulla psicologia di diversi stereotipi umani, in particolare quello di Justine, che nella cancellazione della nostra civiltà non vede altro che un’applicazione pratica di alcuni principi nichilisti della sua anima depressa. Non c’è nulla di pessimista nel suo modo di vedere questo cataclisma, anzi, sembra affrontarlo con una rassegnazione dilaniata e silente, metafora della vera fine del mondo: quella dell’anima. Il film è il capolavoro poetico di Lars von Trier, che con questo titolo ha sfiorato la Palma d’Oro a Cannes, ed è uno spunto quanto mai realista e crudo su ciò che in realtà rischiamo di perdere.
LEGGI ANCHE: #IoRestoACasa – i film da quarantena da vedere come due atti della stessa tragedia
Discuti di questo argomento e molto altro nel gruppo Facebook CinemaTown – Cinema e Serie Tv