Definire con una parola l’universo narrativo di Breaking Bad è difficile, se non impossibile, perché nessun vocabolo racchiude appieno il senso di completezza che questo patrimonio inestimabile della televisione contiene in ogni intreccio narrativo. È un prodotto molto più simile all’armonia eterogenea di caos e equilibrio che è la vita reale di quanto l’ambientazione criminale riveli al primo sguardo. Figlio del cinema tarantiniano, questo universo narrativo non ha personaggi esclusivamente buoni, ed è quanto mai vicino ai nostri desideri nascosti di rivalsa individualista. Dipinge un ciclo di affreschi rappresentanti la sensazione d’irrisolto che affumica il cuore durante l’esistenza e che, in un momento imprecisato della vita, fa scoppiare i ventricoli. Affreschi che, nonostante in Breaking Bad siano più maestosi, in Better Call Saul non sono mai stati tanto dettagliati.
L’intera serie spin-off – che di parola esatta per definirla ne possiamo citare una, “attesa” – è una continua espansione delle emozioni forti provate con la serie madre, ma che, essendo appunto dilatate, distanziano tra di loro gli elementi della composizione, permettendoci di guardarli più da vicino con interesse quasi accademico. Ciò era avvenuto in maniera quasi estenuante durante la quarta stagione, confermando un dato di fatto che con la nuova stagione di Better Call Saul è divenuto ufficiale: si tratta del miglior prodotto televisivo attualmente in circolazione e lo è proprio per il modo in cui può farci deliberatamente attendere. Questo perché sappiamo esattamente come andrà a finire, ma allo stesso tempo non possiamo che provare ansia per le due novità: Gene e Kim.
Better Call Saul 5 è come l’acqua che raggiunge i 100ºC
Finita la quarta stagione eravamo pronti a veder scoppiare una vera e propria bomba atomica nella vita di Kim e Jimmy, desiderando ardentemente quel mood tipico di Breaking Bad che Better Call Saul stentava ancora a raggiungere. Messa da parte questa aspettativa, il godimento della quinta stagione deriva interamente da questa consapevolezza: ciò che ci aspettiamo non arriverà ancora per una stagione, ma i preparativi sono oramai finiti. Non sappiamo ancora se Vince Gilligan e Peter Gould vorranno scrivere una sesta stagione in stile Breaking Bad, ma finita la quinta ci si rende conto che non ne avevamo davvero mai avuto il bisogno.
Le due serie sono differenti anche se sovrapposte ed è proprio questo a rendere Better Call Saul un prodotto più raffinato. La regia, la fotografia e la sceneggiatura della quinta stagione lo confermano, con una sequela di episodi che sono dei piccoli poemi. L’ottavo in particolare fa conquistare alla serie un primato ineguagliabile tra le serie televisive odierne, grazie ad un’architettura drammatica ricca di simbolismi e rievocazioni che segnano definitivamente il passaggio da una serie all’altra, seppur implicitamente.
Nel corso di una sola puntata Jimmy ricalca l’intero excursus psicologico di Walter White, trascinando montagne di soldi nel deserto rischiando la vita e distruggendo fisicamente i due simboli che rappresentano la sua anima, trasformandosi in Saul Goodman: l’automobile, che fino a quel momento era il connettore metaforico tra Saul e i buoni propositi di Jimmy, viene abbandonata nel deserto, così come la coperta termica, rievocante di Chuck, viene prima utilizzata per attuare un piano di sopravvivenza che va storto, per poi venire lasciata in un bagno di sangue. Ciò che accade nei due episodi successivi aggiungerà la tensione che serve per completare un quadro mai come ora pronto a raccontare una tragedia annunciata.
Il grande mistero di Better Call Saul: Kim Wexler
La co-protagonista di Better Call Saul sembra non voler mai smettere di sorprenderci, divenendo il vero centro dell’attenzione dello spettatore. Kim continua un percorso psicologico che, visto da una certa distanza, la sta rafforzando caratterialmente, ma la sta indebolendo psicologicamente. La via intrapresa dai due avvocati è in costante discesa, verso un abisso oscuro che se per Jimmy ci esalta – perché lui in Breaking Bad ci sarà – per Kim ci terrorizza. L’enorme punto di domanda della serie non è più che ne sarà di loro come coppia, ma di lei come essere umano. Come Jimmy, ad una stagione di distanza, anche lei compie la sua scelta, mandando tutto definitivamente per aria e gettando le basi per una sesta stagione a dir poco preoccupante.
La verità, che noi conosciamo da sempre e che Jimmy scopre in quest’ultima puntata, è che la presenza dell’uno nella vita dell’altro non è un equilibrio a doppio senso, ma un danno per Kim. La vicinanza di Jimmy sembra incoraggiarla a prendere delle decisioni fatte più per tenere testa al marito che per il suo bene e il finale di stagione conferma quanto di peggio temevamo per lei: il suo futuro resta nebuloso, ma sembra indirizzato verso una destinazione fuori dal controllo di entrambi. Un carattere che finalmente emerge o un mostro creato dallo stesso Jimmy? Qualche che sia la risposta, tutto ciò che chiediamo a Gilligan e Gould e di strutturarla in maniera delicata e comprensibile, perché quando il peggio accadrà, potremmo non essere pronti.
Better Call Saul si avvia così verso la sua conclusione naturale con una serie di presupposti perfetti, tragici e umani quasi inaspettati, ossia che a questo punto il protagonista non è più l’incognita della narrazione. Il percorso di Jimmy è pressoché completo, al contrario di quello di Nacho, Kim e Howard, che dovranno vedersela il primo con un Lalo Salamanca al di là delle nostre aspettative, divenendo il membro di questa famiglia più affascinante dell’intera saga, i secondi con le malefatte di Saul, che oramai gli sono sfuggite di mano. Una conclusione di serie che, esattamente come Breaking Bad, preannuncia un crollo totale dei protagonisti, che nulla potranno di fronte allo sgretolarsi di ciò che hanno con tanta cattiveria costruito per soddisfare le proprie necessità. La vera domanda, ora, è quella più intrigante: cosa succederà a Gene?
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Riassunto
Better Call Saul si avvia verso la sua conclusione naturale con una serie di presupposti perfetti, tragici e umani quasi inaspettati, ossia che a questo punto il protagonista non è più l’incognita della narrazione. Il percorso di Jimmy è pressoché completo, al contrario di quello di Nacho, Kim e Howard, che dovranno vedersela il primo con un Lalo Salamanca al di là delle nostre aspettative, divenendo il membro di questa famiglia più affascinante dell’intera saga, i secondi con le malefatte di Saul, che oramai gli sono sfuggite di mano. Una conclusione di serie che, esattamente come Breaking Bad, preannuncia un crollo totale dei protagonisti, che nulla potranno di fronte allo sgretolarsi di ciò che hanno con tanta cattiveria costruito per soddisfare le proprie necessità. La vera domanda, ora, è quella più intrigante: cosa succederà a Gene?