Siamo in casa di amici: buon cibo, bere, buona compagnia e belle conversazioni. Uno di loro è il prescelto (ce n’è sempre uno), per decidere la musica da ascoltare – perché, si sa, c’è chi riesce a scegliere le canzoni perfette a seconda dell’umore del pubblico. Musica che sembra nuova alla maggior parte degli amici intorno a te, un bel ritmo; poi, eccolo che arriva, c’è sempre qualcuno che lo propone e chi non aspetta altro per tutta la serata. La musica si ferma per un attimo e ad un tratto inizia ”oh baby, baby”, le ragazze capiscono immediatamente di cosa si tratta “how was I supposed to know”, i maschi iniziano a capire “that something wasn’t right here?” le ragazze di schierano e continuano “Oh baby, baby, I shouldn’t have let you go” e, inevitabilmente, ci ricordiamo del videoclip: una Britney giovanissima, in una scuola che tutti avremmo voluto frequentare in quel momento e i nostri drammi adolescenziali che si presentavano mentre guardavamo e ascoltavamo quel video.

Nella situazione appena descritta si ritrovano anche i nostri genitori quando ascoltando una canzone di Madonna o di Micheal Jackson vengono catapultati indietro di trent’anni, a quando alla televisione mostravano i musicisti che si esibivano dal vivo mentre le ballerine si muovevano sui cubi al ritmo della loro musica. Michael e Madonna sono solo due esempi di cantanti che hanno reso i videoclip un’arte; oggi possiamo nominare anche Beyoncé, Kendrick Lamar, Rosalía e Childish Gambino, che sono capaci di costruire una storia intorno al loro personaggio e poi di raccontarla con la loro musica attraverso i videoclip. Soprattutto negli ultimi anni si osserva che gli artisti danno molta più importanza ai loro video, basti pensare al fatto che, di frequente, le notizie che riguardano i cantanti, commentano più i loro video che la loro musica.

This is America di Childish Gambino o Formation di Beyoncè sono solo due esempi tra i molti. A prescindere dalla storia che si vuole raccontare, ovviamente, diversa a seconda del messaggio e del contesto socio-culturale in cui è calata, ci sono videoclip che restano impressi nella memoria e diventano parte integrante della cultura pop. Certi video hanno molto influenzato la fotografia del cinema; si pensi all’estetica delle commedie anni ’80, tutto ricorda i videoclip di Whitney Houston o Cindy Lauper; o ad alcuni film underground anni ‘90 che ricordano i videoclip dei R.E.M. o, ancora, agli effetti speciali dei video di inizio 2000, un esempio: il film delle Charlie’s Angels e la canzone di PINK che è parte della colonna sonora.

L’industria dei videoclip in Italia e nel mondo

Britney Spears, videoclip, cinematown.it

Ci sono, di certo, alcuni artisti che hanno influenzato maggiormente la musica, la moda e i video; ma se questo strumento è così potente perché non tutti ne fanno uso? Attraverso i videoclip si distinguono gli artisti che investono di più, per la loro immagine e per i loro fan, e l’industria musicale li appoggia perché sa perfettamente che l’immagine oggi paga quasi più della buona musica. Questo discorso si può applicare specialmente ad alcuni Paesi. Tralasciando gli USA (dove in questo campo sono avanti anni luce rispetto all’Europa), va menzionata la Spagna, che negli ultimi anni, ha fatto registrare una consistente crescita del settore, grazie al fatto che la canzone spagnola sta ampliando il suo mercato con cantanti, quali, per esempio, Rosalia o C.Tangana, che realizzano videoclip nei quali viene raccontata una Spagna che ci riporta alle sue radici, oppure, una Spagna moderna, che introduce innovazione a livello musicale.

Il videoclip è un arte che i registi trattano ormai in maniera specifica

Anche altri paesi come Francia e Danimarca offrono, a livello locale, una buonissima produzione musicale e dei video che, quanto meno, seguono la moda del momento, seppure non la creano. Se, quindi, l’arte del videoclip rivela un certo interesse da parte degli artisti a livello internazionale, ed è anche uno strumento che l’artista utilizza per dimostrare il suo talento di innovatore o, delle volte, anche per svelare la sua capacità di veicolare tematiche politiche, gli artisti o l’industria musicale italiana cosa stanno realizzando? Se i videoclip, in un certo qual modo, possono, talvolta, rappresentare lo specchio di ciò che ci circonda, quanto a cultura contemporanea/popolare, si può notare che invece in Italia, come in molti altri ambienti, siamo ancora fermi a 30 anni fa: nessuna innovazione, tutto gira solamente intorno al cantante e, parallelamente, l’industria non investe nella realizzazione di opere audiovisive. I video hanno da anni lo stesso concept, il cantante canta e intorno a lui/lei si racconta una storia, che solitamente e banalmente si svolge per strada, in un campetto di calcio o in una casa o in un altro simile contesto.

Vi siete immaginati almeno cinque videoclip di questo tipo? di vari musicisti? Gli unici in grado di portare un po’ di innovazione a livello visivo sono i trappers di maggior successo, che in realtà cercano di copiare l’estetica americana, ma con un budget, evidentemente, di gran lunga più basso. Il videoclip ormai è un’arte, il modo con cui i registi trattano la realizzazione di un video è molto diverso rispetto al passato (salvo poche eccezioni); alcuni artisti creano dei cortometraggi per rendere una loro canzone più potente, ma come in altre dimensioni dell’arte, in questo momento ,in Italia non viene dato il giusto peso a questa forma di espressione. L’industria musicale italiana ha un grande potenziale, in particolar modo, i nuovi artisti della scena indipendente andrebbero supportati. Per fortuna, sebbene a fatica riescono a farsi strada nelle nostre radio e, a volte, riempiono gli stadi, ma si dimostrano incapaci di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per essere in grado di incidere di più sulla scena musicale.

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