Con lo streaming al vertice della catena alimentare dell’intrattenimento e una serie di piattaforme già consolidate, e altre in arrivo, non si può evitare di guardare da vicino le cifre che lo caratterizzano. Quel che si scopre, al di là degli slogan, è una vera e propria guerra dello streaming, combattuta su tutti i fronti. Le battaglie sono quotidiane, gli schieramenti ben formati, gli Stati cuscinetto totalmente assenti, perché Netflix e Amazon la sfida se la giocano quasi sul fronte cittadino.

Come agli albori della Prima Guerra Mondiale, Netflix, Amazon, Hulu, Disney e HBO si trovano di fronte ad uno scacchiere costituito da realtà gigantesche, una più forte dell’altra e pronte a tutto per sbaragliare chi osa troppo. Ciò che manca, sono le alleanze. Qui la guerra è un tutti contro tutti, uno più grosso dell’altro e nello stesso quartiere, i teleschermi. Come riporta lo Streaming Wars Report, però, a dettar legge è sempre lei, Netflix che come evidenza il report ha comunque subito dei danni non da poco.

La top 10 di Netflix ha diviso l’opinione degli utenti

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Proprio questa settimana, Netflix ha provato negli USA l’esperimento lanciato all’estero dei dieci titoli più popolari del momento nella home della piattaforma. Com’era più che prevedibile, in termini numerici questa novità ha causato una divisione omogenea del pubblico, tra coloro che ora gioiscono per poter ora scoprire prodotti più piccoli, e coloro che invece riconoscono nel meccanismo un algoritmo a dir poco parziale. Per alcuni, la top 10 non è solo fastidiosa, ma addirittura controproducente.

Questo perché se una volta per una serie o un film, diventare popolare su Netflix significava essere guardato per almeno tre quarti, ora basta averne guardato due minuti. Il ché conduce l’algoritmo a pensare che in un modo o nell’altro, gli utenti siano interessati a prodotti di un genere specifico, e quindi le probabilità che i non abbonati a Netflix amanti del genere si iscrivano al servizio risulta maggiore. Una strategia di questo tipo, favorisce quasi esclusivamente i prodotti di casa, con un piazzamento ciclico continuo che favorisce il ritorno economico degli investimenti più ingenti.

La top 10 aiuta i progetti più costosi a continuare ad essere prodotti, stabilendo un precedente di grande affluenza che possa promettere bene per il futuro. Per esempio, se The Witcher è la serie numero uno per tutta una settimana, nessuno mette in dubbio che Netflix voglia continuare a produrla. Allo stesso tempo, gli utenti che l’hanno vista saranno bombardati da prodotti fantasy, man mano che vengono caricati. Il successo genera successo, sopratutto quando hai il controllo totale dei numeri – e per controllo si intende pilotaggio.

Sconfitta inevitabile per gli episodi pilota

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A colare a picco come le flotte di Gallipoli nella guerra dello streaming sono invece gli episodi pilota. Le cinque reti principali, tra cui Netflix, hanno trasmesso solo cinquantotto piloti nell’ultimo anno, otto in meno rispetto a quello precedente. Il conteggio è il più basso in assoluto degli ultimi dieci anni. Il declino dei piloti è comunque dilagante, ma quel che cambia è l’attuale strategia degli studios hollywoodiani di gestire le cose in maniera più domestica, per abbassare gli sprechi e le strategie poco mirate sul lungo periodo.

A farla da padrone, come abbiamo visto negli ultimi anni, è l’acquisizione del pesce piccolo. Disney Television Studios ha assorbito la divisione per bambini di 20th Century Fox Television e gli ABC Studios stanno mettendo in cima alle loro priorità le richieste della casa madre, mentre i CBS Tv Studios continuano a concentrarsi su CBS All Access e Showtime. Problema che nella guerra dello streaming Netflix pare non avere, essendo tra coloro che possono mettere sul mercato un numero di prodotti pressoché illimitato, anche se ognuno dei colossi deve per forza decidere su cosa focalizzare la sua attenzione.

La top 10 di questa settimana alimenta i malcontenti

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La top 10 di Netflix di questa settimana non è per nulla coerente, a partire da Altered Carbon. La seconda stagione ha debuttato lo scorso 27 febbraio, con una serie di recensioni a dir poco contrastanti. Come capitolo finale di una serie, ha raccolto molto più clamore quello di BoJack Horseman. Per non parlare del tempo e del budget di produzione, durata ben due anni per produrre solo otto episodi, a fronte di dieci della prima stagione. Eppure eccola lì, al quarto posto della top 10 di Netflix.

Stando alla banale analisi dei costi e benefici, Altered carbon non è un prodotto su cui Netflix avrebbe dovuto puntare, eppure la classifica lo ha fatto letteralmente scalare una posizione dopo l’altra, partendo dalla metà bassa della classifica arrivando ai primi posti. Stesso discorso, negli USA, per Love is blind, una reality serie davvero mal realizzata rimasta tra i primi tre posti della classifica per tutto il weekend, col risultato che sebbene i numeri reali non la supportino, sta diventando un punto di riferimento – e di discussione – a livello internazionale.

Messi a confronto, però, dovrà essere Netflix a prendere le scelte necessarie a sostenere le spese di guerra. Questo perché nonostante l’algoritmo di casa dica una cosa, non può permettersi di continuare a produrre qualcosa come Love is blind, se dall’altra parte Altered carbon figura come case study di serie con un bilancio economico sul filo del rasoio, nonostante abbia la possibilità di combattere sul fronte internazionale. Netflix ha bisogno di prodotti di prestigio che aumentino gli abbonati, seguire l’algoritmo la obbligherebbe in questo caso a focalizzarsi su un nuovo progetto che ampli il panorama dei reality di incontri.

L’algoritmo rischia di far prendere a Netflix le scelte sbagliate che comprometterebbero le spese di guerra

Scelte che l’attuale algoritmo rischia di far ritorcere contro gli amanti della fantascienza, perché il diretto concorrente di Altered carbon è I am not ok with this. Basata sul fumetto di Charles Forsman, la prima stagione di sette episodi da nemmeno mezz’ora l’uno è una fusione perfetta tra i grandi successi di Netflix The End of the F *** ing World e Stranger Things. La serie potrà non avere lo stesso fascino cyberpunk di Altered carbon, ma si rivolge sia ai fan della fantascienza che non, con una storia originale costata molto meno di uno sci-fi ma anch’esso fantasioso.

Mix ideale per l’algoritmo, che con questi dati ha visto la serie piazzarsi tra i primi cinque titoli della settimana, tra cui figurano per lo più gli originali Netflix. Solo una serie, un film o uno speciale non di casa si è classificato nella top 10 statunitense, Ungry birds 2 – il ché dimostra una preferenza fin troppo evidente dell’algoritmo per gli armamenti autarchici. Va da sé che gli utenti si fidano di più della grande N piuttosto che di coloro che in essa ripongono le uniche speranze di distribuzione.

Un ragionamento che penalizza perfino i grandi titoli che per Netflix hanno rappresentato una risorsa enorme, come The office e Better call Saul, che nelle classifiche restano faticosamente indietro rispetto a prodotti minori quali Gentefied e Queen Sono. Un ragionamento che ad una lettura approfondita sembra poter dare punti ai prodotti più economici, e quindi più bisognosi di apparire, ma che in realtà aiutano esclusivamente le tasche della superpotenza, che in questo modo si trova a poter combattere la guerra dello streaming con un numero illimitato di armamenti prodotti a basso costo. Strategia che però rischia di renderli anche inefficienti nelle fasi più delicate del conflitto. Ad oggi, gli armamenti delle superpotenze vedono una situazione controllata dalla grande N, che guida la seguente classifica:

  • Netflix
  • Amazon Prime
  • Disney+
  • Hulu
  • HBO/HBO Max

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