Stare a casa è un obbligo, non c’è molto da fare. Coloro che trasgrediscono a questa disposizione ci sono, ma sempre meno. Cos’è che ci fa scappare da qualsiasi restrizione che riceviamo? Il senso di libertà? Oppure una condizione genetica più singolare per gli abitanti della Penisola? Molto probabilmente quest’ultima, come hanno ritratto innumerevoli artisti durante la storia d’Italia. Eppure, nonostante le conseguenze alle quali andiamo in contro – come ha spiegato al Messaggero Alessandro Gentiloni Silveri – anche durante il Coronavirus continuiamo a disobbedire, come se la fuga fosse una condizione naturale della nostra nazione. Un sentimento al quale Gabriele Salvatores ha dedicato il suo racconto più iconico, film da quarantena di oggi.

Presente sia su Prime Video che finemente restaurato su Infinity, Mediterraneo è il film da quarantena migliore se si cerca un palliativo al nostro malessere domestico, che mai come in questo periodo ha stretto un infimo accordo con le nostre pulsioni ribelli più recondite. Lo scenario è quello della campagna di Grecia dell’Esercito Fascista, i protagonisti un raccapezzamento di soldati provenienti da tutta Italia, uno più improbabile dell’altro. Ognuno di questi ritrae le nostre realtà regionali nonché quelle umane – o meglio, umanistiche – del nostro popolo, tra il romantico, l’idealista, il lavoratore e – in linea generale tra tutti i protagonisti – il sognatore, trainati da un Diego Abatantuono al meglio della sua arte, tanto da aver contribuito in prima persona a far valere al film da quarantena l’Oscar al miglior film straniero.

Dedicato a tutti quelli che stanno scappando – come ha dichiarato Salvatores con una didascalia in chiusura di pellicola – Mediterraneo ci rappresenta molto da vicino, ci critica, ma più di ogni altra cosa ci mette al nostro posto storico nello zoo umano mondiale: siamo persone semplici, fatte di buoni propositi, inadatte per le grandi imprese che vadano oltre la nostra spontanea piccolezza, quella delle cose fatte col cuore e fatte per bene. In Mediterraneo si scappa, esattamente come da noi, settantacinque anni dopo la fine del conflitto, un po’ per salvarsi la pelle, un po’ perché a noi di restare confinati al di qua dell’orizzonte proprio non ci piace. Chi oserebbe accontentarsi di ciò che ha davanti, una volta scorta la fine del mare? Come cita infatti Abatantuono:

Una vita è troppo poco. Una vita sola non mi basta. Se conti bene non sono neanche tanti giorni. Troppe cose da fare, troppe idee. Sai che ogni volta che vedo un tramonto mi girano i coglioni? perché penso che è passato un altro giorno. Dopo mi commuovo, perché penso che sono solo. Un puntino nell’universo.

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