Avete presente quel momento in cui qualcosa di troppo inquietante vi passa davanti agli occhi, da dover per forza riflettere su quanto appena visto? Ebbene, Chernobyl è proprio questo. La serie tv di HBO – arrivata giusta giusta dopo l’ottava e tanto discussa stagione finale di Game of Thrones – mantiene altissimi gli standard qualitativi dell’emittente, che con questo adattamento della tragedia nucleare, e della prossima ad arrivare in Italia Little Big Lies 2, punta a rendere ben chiara a tutti quale sia la gerarchia nella realtà produttiva dei contenuti seriali amati dal pubblico. Chernobyl è una parte di questo messaggio, angosciando, facendo arrabbiare, inorridendo lo spettatore, che fino alla fine di queste cinque preziosissime puntate, non riesce a fare a meno di chiedersi com’è possibile che certe attività umane possano condurre a conseguenze così devastanti.
Chernobyl, senza troppi giri di parole, è una causa di disgusto e disappunto, per quanto accaduto, per com’è stato gestito, ma sopratutto per la consapevolezza che la tragedia è figlia delle nostre abitudini, che spesso, anche scientificamente si rivelano dei passi falsi epocali, che costano ancora oggi la vita agli sfollati del sito ucraino. In questi giorni si fanno continui paragoni tra Chernobyl e Breaking Bad – causati da metriche ufficiali che al solito mettono uno contro l’altro prodotti agli antipodi – trovare quindi in una recensione la risposta al quesito su quale delle due sia meglio, è poco onesto: sono diverse, entrambe spettacolari, ma profondamente distaccate dai generi. Su cosa Chernobyl può contare, per vincere il confronto con tutte, non solo con quelle storiche, è il soggetto reale e inquietante su cui si basa il racconto, trattato con una sceneggiatura e da una regia coi guanti di velluto.
Chernobyl è un gioiello tecnico
Lo è per la maestria con cui tratta il dramma umano e scientifico con la freddezza documentaristica, appesantita dalla presenza registica che fa palpare la sensazione del pericolo e dell’imminente tragedia. I fatti narrati sono basati sulle conseguenze del disastro, e per noi che ne conosciamo fin troppo bene dinamiche e ripercussioni, se in un prodotto qualsiasi ci saremmo gustati una regia così raffinata meravigliandoci del suo livello virtuoso, in Chernobyl vorresti che non fosse così invasiva. Sin dalla prima puntata, Johan Renck utilizza ogni elemento del contagio radioattivo per incuterci un timore quasi divino della minaccia invisibile che si propaga attraverso il vento, facendoci quasi trasalire dalla sedia, gridando ai personaggi fittizi di scappare a gambe levate da quella che si è dimostrata una morte atroce. La paura è un elemento fondamentale della sceneggiatura, e a renderla ancora più grande è avere conoscenza del potere radioattivo, ma non poter far altro che osservare mentre lo sterminatore invisibile corre tra la gente.
Le radiazioni di Chernobyl corrono attraverso il vento, visto passare tra i capelli degli ammiratori notturni del reattore in fiamme, bruciano corpi e alterano la biologia, e Renck piega questo elemento della fisica rendendolo un nemico immateriale della sceneggiatura, portata in questi casi a toccare le sfumature dell’horror psicologico. Il nemico c’è, ma non si vede, e tutti sappiamo cos’è capace di fare. La fotografia grigia e verdastra, unita alla scenografia in blocchi di cemento, immortalano quasi documentaristicamente quella parte di Unione Sovietica che da quel crack nucleare in poi non sarebbe stata più la stessa. Di questo aspetto storico, la sceneggiatura delinea sopratutto l’aspetto della crisi, romanzando e – stando a quanto dice il Cremlino, intenzionato a far causa ad HBO – mettendoci quel poco di americanismo inevitabile che fa sempre arrabbiare i russi.
Chernobyl è il resoconto di una tragedia per cui non ci sono parole
L’esplosione del nocciolo ha letteralmente squagliato una popolazione, con conseguenze che ancora oggi sono riscontrabili nel sottosuolo della cittadina. Siamo tutti a conoscenza di cosa significhi stare a contatto con delle scorie nucleari, figuriamoci con un reattore appena esploso. La peggior sensazione che Chernobyl infonde negli spettatori, è proprio la pietà per tutte le comparse e i personaggi secondari che vediamo accorrere al reattore in fiamme, sapendo che sono state persone reali, e che sarebbero inevitabilmente morte dolorosamente. Ci si lega a loro esattamente come alla memoria delle vittime dell’Olocausto nazista. La serie è un capolavoro, un must per gli amanti del format, ma non si può evitare di consigliarla sopratutto per gli scopi didattici che essa si è preposta.
Guardando Chernobyl, puntata dopo puntata, indipendentemente dalle varie interpretazioni che ognuno può dare agli eventi narrati, conviene a tutti considerarla una piccola enciclopedia animata di qualcosa di talmente atroce, da non dover essere dimenticato. HBO colpisce di nuovo in pieno l’industria televisiva, riprendendosi immediatamente il titolo di prima della classe dopo l’ottava stagione di Game of Thrones, mettendo forse il punto a una stagione televisiva al di sotto delle aspettative del pubblico, che con Chernobyl non potranno comunque avere dubbi su chi riporre la propria preferenza, quando si tratta di scegliere quale produttore sappia fare meglio il suo lavoro. Una serie da guardare… una lezione, purtroppo, da continuare a reimparare.
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Riassunto
La serie è un capolavoro, un must per gli amanti del format, ma non si può evitare di consigliarla sopratutto per gli scopi didattici che essa si è preposta. Guardando Chernobyl, puntata dopo puntata, indipendentemente dalle varie interpretazioni che ognuno può dare agli eventi narrati, conviene a tutti considerarla una piccola enciclopedia animata di qualcosa di talmente atroce, da non dover essere dimenticato. Renck piega la fisica rendendola un nemico immateriale della sceneggiatura, portata in questi casi a toccare le sfumature dell’horror psicologico. Il nemico c’è, ma non si vede, e tutti sappiamo cos’è capace di fare. HBO colpisce di nuovo in pieno l’industria televisiva, facendo ben intendere quale produttore sappia fare meglio il suo lavoro. Una serie da guardare… una lezione, purtroppo, da continuare a reimparare.