Durante l’ultima conferenza stampa al Festival di Cannes 2019, gli attori e il regista del biopic su Elton John, Rocketman, ha raccontato la sua vivace esperienza al servizio di un racconto sul cantante che, come sottolineato da tutti i presenti, ha dato uno stimolo diverso e innovativo alla produzione dei biopic musicali. Lontani dall’ombra inevitabilmente proiettata da Bohemian Rhapsody, la conferenza si è svolta all’insegna degli aneddoti e della riflessione su quanto fatto in produzione, lanciando messaggi precisi all’industria cinematografica, che in questo preciso momento storico sta attraversando una fase evolutiva epocale. Protagonista del film e dell’incontro è stato Taron Egerton, che rispondendo alle varie domande ha potuto raccontare la sua esperienza affianco ad Elton John:
Fare Rocketman è stata un’esperienza unica e totalmente diversa dalle altre. A 17 anni riuscii ad entrare a scuola di recitazione cantando proprio una canzone di Elton, col quale ho lavorato ogni giorno. Prepararmi all’interpretazione del suo personaggio è stato un percorso immersivo, sono stato con lui praticamente ogni giorno e ne abbiamo anche combinate parecchie.
È stato sempre al mio fianco senza consigliarmi cosa fare o non fare, imparare ad interpretarlo è stata una questione di confidenza, è bastato avercelo vicino tutti i giorni… ho conosciuto letteralmente tutti gli aspetti di Elton, potrei raccontare miriadi di dettagli a riguardo!
Il confronto con Bohemian Rhapsody, sebbene nessuno degli intervistati abbia mai fatto riferimento al film su Mercury, è stato inevitabile, e alla domanda secca fatta ad Egerton su quale sia stata la pressione che ha subito avendo Malek come riferimento ai premi internazionali, sia l’attore che il regista Dexter Fletcher hanno fatto immediatamente capire la loro opinione in merito, con un senso dell’umorismo molto sottile ma alquanto esaustivo.
Questa è una domanda davvero infima, lo sai? Rami Malek è indiscussamente il miglior talento attoriale che abbia la mia generazione, non ci sono dubbi a riguardo. Ogni film è un animale diverso dagli altri, non ci siamo paragonati a Bohemian Rhapsody sopratutto perché i due progetti hanno scopi differenti. Quello sui Queen puntava ad un successo di massa senza eguali, noi abbiamo basato tutto sulla musica di Elton e sul conseguente riarrangiamento dei pezzi.
Rocketman è un approfondimento sulla vita intima di una persona ancora in vita, lo abbiamo voluto rappresentare musicalmente ed artisticamente, il paragone con Rami è totalmente inappropriato. Anche perché, [sarcastico] non ricordo molto bene, chi ha finito di girare Bohemian Rhapsody?
Proprio riguardo l’ispiratore di Rocketman, Elton John, Dexter Fletcher ha voluto lanciare un plauso per come si è aperto totalmente e sinceramente durante la fase preparativa del film, essendo stato molto elastico nel concedere spazio di approfondimento nella sceneggiatura. Fletcher infatti ha amato molto il modo per nulla invasivo di Elton, che non ha mai puntato il dito sulla lavorazione indicando cosa fare o meno. I temi più umani e attuali dell’intervista col cast di Rocketman, sono stati invece toccati dalla protagonista femminile del film, Bryce Dallas Howard, che durante i suoi interventi ha messo il punto su quale sia stata la ricetta del successo del film e quale sia il genere di film che Hollywood deve produrre per sopravvivere.
Ciò che abbiamo fatto con Rocketman si distingue totalmente da molti altri biopic su grandi star, perché abbiamo raccontato la vita di un uomo che è ancora vivo. Non c’è stata mitizzazione di Elton, la sua leggenda è vivente, quindi per noi è stato più facile farne un ritratto intimo più legato al lato umano che a quello artistico. Il successo di Rocketman sarà tutto basato su questo aspetto e sulla musica.
Vi assicuriamo che un film del genere sfrutta il climax dell’esperienza collettiva in sala, va condiviso, non può essere distribuito altrimenti. Oggi il cinema deve spingere la produzione dei grandi film che sono un’esperienza totale per lo spettatore, perché ci sono film che possono essere relegati alla sola fruizione televisiva, mentre altri no. È importante che le case produttrici puntino sopratutto su questi progetti, quelli eclatanti, perché garantirebbero la sopravvivenza sia delle major che dell’amore del pubblico per l’esperienza in sala.
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