Ovviamente, quanto segue è SPOILER per chi ancora non ha visto la puntata. Con la Battaglia di Grande Inverno (qui la nostra recensione de La Lunga Notte, episodio 8×03), Game of Thrones 8 perde ufficialmente, salvo improbabili e pirotecnici stravolgimenti, il suo villain più potente e spaventoso: il Re della Notte (o Night King). Vediamo come si è svolta la sua dipartita e perché per noi si tratta del peggior (mal)trattamento mai riservato ad un cattivo.
Otto stagioni di preparazione
Il Re della Notte, lei cui origini sono state spiegate solo parzialmente, è uno dei leitmotiv della serie fin dai suoi albori, quando ancora di lui conoscevamo ben poco. Il primissimo episodio della prima stagione, infatti, si apre con una sequenza che ha per protagonisti proprio gli Estranei, ovvero gli ufficiali dell’esercito di non-morti guidato, come si scoprirà in seguito, dal Re della Notte. La paura di lui e di quello che può fare attanaglia i Guardiani della Notte e il Popolo del Nord, primi fra tutti gli Stark, il cui indimenticabile motto, lo ricordiamo, è “L’inverno sta arrivando”.
Successivamente, scopriamo che si tratta di un’entità creata dai Figli della Foresta per sconfiggere i Primi Uomini nell’antichità, poi sfuggita loro di mano. A ciò si aggiungono le moltissime profezie riguardanti la Lunga Notte senza fine, quella che avrebbe spazzato via l’umanità. Insomma, il fantasma del Night King e del suo esercito aleggia sul serial da ben prima della sua apparizione. Si trattava dunque di una rappresentazione dell’Apocalisse, della Fine di tutto. Invece abbiamo avuto ben altro.
Un utilizzo col contagocce del Re della Notte
Mano a mano che le puntate procedevano, la sua presenza diventava sempre più tangibile e demoniaca, fino ad arrivare ad Aspra Dimora, in cui mostra tutta la sua potenza malvagia nell’epica scena finale in cui resuscita i Bruti caduti in battaglia, mandandoli ad ingrossare le fila del proprio esercito. Questa sua scarsa visibilità era perfettamente comprensibile ed adatta, perché era giusto mantenere un personaggio del genere avvolto in un alone di mistero fino alla sua inevitabile esplosione.
Proprio questo è il punto: la deflagrazione non avviene mai. Rimane quindi solo un grande, potentissimo villain che alla resa dei conti si scioglie come neve al sole, ucciso nell’unica battaglia che gli vediamo affrontare in prima persona da una ragazzina con un coltello. Il problema poi risiede proprio in questa ottava stagione, in cui dobbiamo aspettare ben due puntate e mezza per vederlo entrare in azione, per vederlo infine morire dopo neanche una decina di minuti di running time, complessivamente. Tutto questo tempo per prepararci a vederlo, per poi bruciarlo così. Ci si aspettava di vederlo diventare da un momento all’altro il vero protagonista della stagione, non che venisse relegato a semplice comparsa.
Si salva solo qualche sequenza
Volendo spezzare comunque una lancia in suo favore, non mancano alcune sequenze esaltanti, come la battaglia sui draghi con Jon Snow e, soprattutto, l’imperdibile momento in cui sopravvive, senza battere ciglio e con un ghigno stampato in volto, a tutta la potenza del fuoco di drago. Anche la scioltezza con cui uccide Theon merita menzione, avendolo liquidato con estrema facilità, schiacciandolo quasi come un insetto. Insomma, alcuni elementi epici ci sono stati, ma viste le premesse risultano essere davvero troppo pochi, visto che il messaggio della serie è sempre stato che gli inutili giochi del trono stavano distraendo i protagonisti dal vero nemico: gli Estranei e il Re della Notte, appunto.
Il leader dell’esercito dei non-morti rappresentava niente meno che la Morte stessa e la sua ineluttabilità, come può esistere minaccia più grande? D’altronde “la morte vince sempre”, come ricorda Matthew McConaughey ne La Torre Nera, nei panni dell’Uomo In Nero. Qui invece viene sconfitta con relativa facilità, sempre rispetto alla minaccia che aveva rappresentato finora.
Dove sono le morti eccellenti?
Ci avevano promesso una “carneficina” in questa Battaglia di Grande Inverno. Facendo i conti, alla fine di tutto, cosa è rimasto? Gli unici a morire sono stati Edd (personaggio approfondito pochissimo), Jorah Mormont (una delle morti più telefonate di sempre) e Lyanna Mormont. Invero, quest’ultima merita una menzione almeno per le modalità con cui è avvenuta, visto che ha rappresentato un altro momento molto godibile e un po’ disturbante della puntata. L’unico personaggio davvero importante a vedere la propria fine in battaglia è il redivivo Beric Dondarrion, che però non viene certo ucciso dal Re della Notte.
Perché il punto è proprio questo: l’unica uccisione avvenuta per mano dell’invincibile Comandante è…. Theon Greyjoy. Con tutto il rispetto per il personaggio, la sua parabola eroica non meritava forse cotanta redenzione, bastava molto meno. Oltretutto, potremmo dire che in realtà la sua morte fosse già avvenuta per mano di Ramsey Bolton, visto l’enorme cambiamento avvenuto a seguito della “conoscenza” col folle bastardo del Nord. Potremmo quasi dire, in realtà, il Re della Notte sia stato molto più magnanimo del giovane Bolton, essendosi limitato a donargli la rapida dipartita che il ragazzo di Pike aveva implorato più volte al suo precedente carnefice, senza esito.
Un grande colpo di scena
Si potrebbe azzardare un paragone molto scomodo con la dipartita di Ned Stark, a questo punto. Dopotutto il Trono di Spade ci ha abituati a veder morire i protagonisti, o presunti tali. Peccato che il Re della Notte non fosse un protagonista, ma semplicemente un potentissimo antagonista che era stato mostrato pochissimo in precedenza. Non è negabile il fatto che il colpo di scena sia presente, ma non siamo certo su quei livelli che avevano reso unico Game of Thrones. Uccidere il villain che aspettavi da otto stagioni e che avevi praticamente “preservato” fino a quel momento appare più una mossa insensata che un plot twist. La giustificazione di molti, per cui “colui che Nessuno poteva uccidere è stato ucciso da Nessuno” è davvero una magra consolazione. Arya avrebbe potuto in ogni caso riuscire a sconfiggerlo, ci mancherebbe, ma non così presto. Non senza aver versato tutto il sangue e la violenza necessari a odiare davvero questo ineluttabile villain. Soprattutto, non senza un po’ di epica, quella vera.
Tutta colpa di Thanos
A tutto ciò che abbiamo detto finora, c’è da dire che Game of Thrones, e il Re della Notte in particolare, era chiamato ad un confronto inevitabile con Avengers: Endgame. La Battaglia di Grande Inverno, infatti, si è svolta pochi giorni dopo l’epico scontro tra i Vendicatori e Thanos. Forse la colpa è proprio del Titano Pazzo, che ci ha abituati “troppo bene”, essendo un cattivo davvero potente (lui preferirebbe che dicessimo “ineluttabile”). Da tempo non c’era così tanto timore nei confronti della vittoria di un cattivo; possiamo dire che il suo schiocco di dita in Infinity War abbia costituito una sorta di “trauma” negli spettatori, che in sala facevano un tifo quasi da stadio contro di lui, temendo potesse vincere nuovamente. Dopo aver visto il gigante interpretato da Josh Brolin spazzare via un esercito di invincibili supereroi, un cattivo che semplicemente perde senza fare troppi danni appare quindi veramente poca cosa. Non parliamo poi dei suoi inutilissimi ufficiali, che si fanno passare sotto il naso una ragazzina e non intervengono in nessun modo a salvare il loro comandante.
E adesso?
Senza il nostro Re della Notte, comunque, la serie si avvia a quello che secondo noi rischia di essere uno dei finali più scontati che si potessero scegliere. Dobbiamo dirlo? Diciamolo: Jon e Daenerys allegramente e amorevolmente seduti sul Trono di Spade, mentre i cattivi sconfitti li guardano dalle loro celle (o dalle loro tombe, è questa ormai l’unica incognita). Il capo degli Estranei era, per chi ripudia questo tipo di happy ending e sperava in qualcosa di più, una sorta di garanzia, di speranza che tutto potesse finire diversamente e che i produttori ritrovassero il coraggio di un tempo. E niente, lo abbiamo perduto. Amen. Il Trono di Spade è morto, lunga vita ai Targaryen.