Mercoledì 8 maggio ore 20,30, al Cinema Massimo (Sala Soldati), in occasione delle manifestazioni per il Centenario di Primo Levi, il Museo Nazionale del Cinema, l’Archivio Cinema Impresa di Ivrea, il Centro Primo Levi e RAI Teche – Mediateca “Dino Villani” organizzano una serata su “Primo Levi e il cinema”, con la presentazione del film di Davide Ferrario La strada di Levi (Italia 2018), viaggio attraverso Polonia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Romania, Ungheria, Austria e Germania compiuto dal regista insieme a Marco Belpoliti, ripercorrendo il lungo viaggio di ritorno da Auschwitz a Torino che Levi racconta in La tregua. Secondo il regista Davide Ferrario – che sarà presente alla proiezione:
La definizione più giusta per descrive La strada di Levi non è “documentario”, ma road movie. Nel film troverete solo in parte l’aspetto biografico-storico. La scommessa era un’altra: vedere l’Europa di oggi con le parole di Levi ma con i nostri occhi. Quello che alla fine ci ha colpito di più è stato scoprire quanto le sue osservazioni fossero modernissime e, fuori dai luoghi comuni sul postcomunismo o la globalizzazione, rispecchiassero la nostra esperienza diretta.
E anche questo vorrei dire con forza: bisogna riscoprire Primo Levi al di fuori della sua testimonianza su Auschwitz. Levi è un maestro del Novecento (una sua vittima, anche) che è stato troppo in fretta messo sullo scaffale dei classici senza confrontarsi con la sua profonda attualità di pensiero.
Il film sarà preceduto dalla proiezione del cortometraggio La canzone del polistirene/Le chant du Styrène di Alain Resnais (Francia 1958, 12’), realizzato su commissione delle industrie chimiche Pechiney per esaltare i meriti delle materie plastiche. Il film, in effetti, documenta tutto il ciclo di produzione: da materia grezza lavorata nei moderni complessi petrolchimici, a filo sottile e granulo colorato utilizzato nella produzione di oggetti in plastica mediante procedimento sottovuoto o stampaggio. Ma Alain Resnais ne affida il commento a Raymond Queneau, che lo compone in versi alessandrini:
Mi sembrava che un testo in versi sarebbe stato più efficace, anche pedagogicamente parlando, avrebbe aiutato a rendere meno tecnologiche e più invitanti le immagini, e poi sentivo confusamente che esisteva un rapporto tra l’alessandrino e il cinemascope che stimolava fortemente la mia fantasia e che volevo assolutamente sperimentare e mettere a confronto.
Ne risulta un film quasi astratto, che si lascia incantare da quella “bellezza del moderno”, espressa dall’infrastruttura industriale, che – negli anni successivi – catturerà, ad esempio, anche autori come Michelangelo Antonioni e Ermanno Olmi. Del commento originale di Raymond Queneau, nel 1985, il Progetto Cultura Montedison commissiona una traduzione italiana a Italo Calvino che si avvale della consulenza di Primo Levi per i termini di chimica. Italo Calvino e Primo Levi, nel rispetto del tono lirico-surrealista dell’originale, ci danno una “traduzione d’autore”, complice e divertita, dove Calvino, in particolar modo, regge il gioco di Queneau, uno dei suoi autori all’Einaudi, nonché suo “collega” all’Oulipo, l’ “officina di letteratura potenziale” – laboratorio di giochi linguistici tra letteratura e matematica, di cui erano entrambi membri. La canzone del polistirene verrà presentato da Domenico Scarpa del Centro Primo Levi.