Con l’annuncio dell’uscita di Aquaman nei cinema e di Jason Momoa nei panni del protagonista, l’attesa per questo film di James Wan era salita alle stelle e pare che – in generale – abbia adempiuto alle aspettative. Non c’è nulla da dire, sicuramente è un film che merita almeno una visione e a dispetto degli altri film della DCEU questa volta pochi sono usciti insoddisfatti dalla sala. Forse il merito era perlopiù dell’attore che vestiva i panni del protagonista, ma qualsiasi sia stato il motivo per cui siete andati a vederlo – trama, film in sé o Jason Momoa – la soddisfazione c’è stata, come dimostra il box office.
La sceneggiatura non è certo delle più complesse, anzi, era tutto ricamato sui soliti cliché, stereotipi e una storyline piuttosto ricalcata, in cui fin dall’inizio si sa come andranno a finire le cose. Dopotutto parliamo di un film su un super-eroe, non certo dell’ultimo dramma storico-sociologico di Alfonso Cuarón, ma che a suo modo aggrada per il livello di qualità raggiunto dal franchise di Justice League. La storia è quella di un guardiano del faro, Thomas Curry (Themuera Morrison), che nel 1985 incontra una donna di nome Atlanna (Nicole Kidman) svenuta e ferita. La salva, la accoglie nella sua umile casa, la aiuta ad ambientarsi – perché lei è una donna che vive nelle profondità dell’oceano – le offre da mangiare e si innamora.
I due si sposano e danno alla luce un figlio, Arthur. La loro però è una storia alla “Romeo e Giulietta” e non è mai stata destinata a finire bene. Atlanna è la regina di Atlantide, già promessa sposa a Barox. Per questo è costretta a ritornare alla sua casa, abbandonando marito e figlio per salvarli dalla furia dei soldati di Atlantide che non li avrebbero mai lasciati in pace, altrimenti rischiando di ucciderli.
Aquaman: che cosa non va?
Arthur, ovvero Aquaman, è l’eroe della situazione, colui che dovrà cercare di calmare le acque (letteralmente) tra il mondo oceanico e quello terrestre perché lui pare essere l’unica persona adatta essendo un figlio a metà, sia di Atlantide che della terraferma. Che lo voglia o no questo è il suo destino. Si sa però che gli eroi fanno sempre fatica ad accettarlo con convinzione e Arthur ne ha ben donde ad essere perplesso, visto che queste strane creature che respirano sotto l’acqua gli hanno portato via la madre e, presumibilmente, uccisa. Eppure lo fa, non per sé stesso, ma per il padre e per tutte le persone che conosce sulla terraferma, perché è consapevole che una guerra scatenata dal popolo di Atlantide avrebbe portato alla sconfitta i terrestri.
La linea ereditaria del film non ammette Arthur come legittimo erede al trono
In questo caso è difficile non simpatizzare per l’eroe, come si fa quasi sempre, e tifare per la sua vittoria e per l’ordine mondiale che solo lui sembra essere in grado di portare. Quello che però ci fanno credere durante tutto il film e che la principessa Mera (Amber Heard), alleata di Arthur, continua a ripetergli, è che lui è l’unica persona che può governare Atlantide essendo il Re legittimo. Certo, lui è il figlio della Regina Atlanna, ma non del Re Barox, bensì di un povero e semplice custode del faro che sua madre ha incontrato per caso nel corso della sua vita. Pertanto è un bastardo tanto quanto lo erano Jon Snow o Ramsay Bolton. In linea di successione toccherebbe al fratellastro minore Orm Marius/Ocean Master (Patrick Wilson) a reggere lo scettro di Atlantis.
Ora, tutto si può dire di negativo riguardo all’Ocean Master: che è un guerrafondaio, un uomo dal cuore gelido e arido che non sa amare nessuno, nemmeno la propria famiglia, che avrebbe rischiato di mandare il proprio regno in rovina ma si può benissimo capire la sua rabbia e la sua frustrazione nel vedersi spodestare dal trono da un fratello maggiore che non è legittimo membro della famiglia, che lui non ha mai conosciuto e che non appartiene nemmeno a tutti gli effetti a quel mondo, non ne conosce le regole o i costumi. Se la Monarchia è quella che è, le sue regole vanno rispettate. Non dubitiamo che Arthur sia la persona giusta per fermare una guerra tra umani e “pesci”, essendo lui l’anello di congiunzione tra i due mondi, ma davvero porre lui al trono era l’unica soluzione? Insomma, Aquaman è l’eroe della situazione, ma non chiamatelo legittimo re di Atlantis perché legittimo non è.
Aquaman: questione di “buon esempio”
Detto ciò, le regole della narrativa non possono essere infrante, almeno non da un cinecomic regolare. Tutti i film che parlano di super-eroi ed eroine, che siano Marvel, DC o Disney non possono finire con la vittoria del malvagio. L’eroe vince sempre, per quanto disastrosa possa essere la situazione, l’eroe salva tutti e viene applaudito e i suoi meriti riconosciuti. Da qui in poi non può più sgarrare, non può più essere soggetto a critiche. Altrimenti i bambini che vanno a vedere il film potrebbero avere un modello sbagliato da seguire.
Ed è più facile simpatizzare per un eroe che, non solo ha una storia tragica alle spalle, non solo è l’unico in grado di riportare la pace nel mondo conosciuto e non, ma che ha anche la legittimità per farlo e il sostegno da parte di tutti. Arthur Curry, tieniti stretto il trono perché è facile che qualcuno te lo rubi a questo punto, reclamandolo “legittimamente”. Stannis Baratheon ne sa qualcosa.