C’è una scena in Shadowlands – il film su CS Lewis del 1993 – in cui un ragazzo è entusiasta di scoprire il gigantesco guardaroba di legno che ha ispirato Le Cronache di Narnia. Aprendone la porta, separa i cappotti sperando di trovare il passaggio per il regno, per sentire solo il freddo e duro legno sul fondo del mobile. Siamo sicuri che Disney non oserebbe sminuire uno dei suoi prodotti con una citazione del genere, eppure Ritorno al Bosco dei 100 Acri è stato realizzato come un film che vive di un certo disincanto.
Considerando che l’autore di Winnie the Pooh, A.A. Milnie, avrebbe approvato il concetto base dello spin-off diretto da Marc Forster, è difficile immaginarlo particolarmente soddisfatto del risultato, in cui il ricongiungimento tra l’adulto Christopher Robin (Ewan McGregor) e l’orsetto di peluche ci aiuta a mettere in discussione la prospettiva del protagonista oramai cresciuto. Per quanto riguarda il pubblico, il film potrebbe non piacere a molti ma non è affatto una delusione, sebbene debba confrontarsi con altri titoli altisonanti del genere quali Saving Mr. Banks.
Ritorno al Bosco dei 100 Acri deve competere con opere migliori
Per quanto riguarda le produzioni fatte nel corso degli anni da Disney con Winnie the Pooh, guardando Ritorno al Bosco dei 100 Acri ci si accorge che forse lo studio non era pronto per qualcosa di questo tipo. In effetti, la sceneggiatura – basata su tre manoscritti di storie per ragazzi di A.A. Milne – sembra essere la pecca del film, perché ostenta il tentativo di non far passare i pupazzi per semplici giocattoli agli occhi del pubblico, ma creature viventi che alla fine potrebbero perfino complicare a Christopher il lavoro fatto su sé stesso quando se li è lasciati alle spalle.
Tornato al suo periodo britannico, Forster ha fatto un ottimo lavoro nel creare un tono coerente e intriso di nostalgia per tutto il film, che prende in prestito episodi e citazioni sui biscotti della fortuna direttamente dall’opera scritta. Anche il Goodbye Christopher Robin dell’anno scorso aveva tracciato pressoché la stessa linea, parlando del figlio di Milne, il quale sentiva la propria infanzia oppressa dal successo letterario del padre, al punto di provare risentimenti verso Winnie.
Il film si apre con la scena finale di The House at Pooh Corner, dove l’orsetto – doppiato in lingua originale da Jim Cummings, lo stesso attore che lo ha interpretato negli ultimi trent’anni – e gli amici Tigro, Pimpi, Ih-Oh, Uffa, Tappo e Kanga sono ospiti della cena d’addio per il compleanno dei nove anni di Christopher, che andrà al collegio. Questa versione logora fornisce alle voci una maggiore personalità, mentre una sottile animazione digitale intorno alla bocca e alle sopracciglia permette ai giocattoli di trasmettere un’ampia varietà di emozioni.
Dopo questa festa Christopher riesce a dimenticare gli amici immaginare d’infanzia, perno sul quale gira tutta la narrazione emotiva di Ritorno al Bosco dei 100 Acri. Il prologo salta quindi in avanti di qualche decennio e troviamo il ragazzo sposato con Evelyn (Hayley Atwell) e padre di Madeline (Bronte Carmichael) di nove anni; Chris lavora per un produttore di bagagli di lusso ma la Seconda Guerra Mondiale ha fatto aumentare i costi e il titolare deve fare i conti coi tagli alle spese, tra cui i licenziamenti.
Il ritmo di Ritorno al Bosco dei 100 Acri è lento per i più piccoli
Nonostante queste scene spezzino il ritmo facendolo notevolmente abbassare, occupano una buona parte del film, rendendo una quantità significativa del minutaggio poco fruibile dai più piccoli. Chris ha promesso alla famiglia che sarebbero partiti per una vacanza in campagna, ma quando il dovere lo richiama, decide di restare a lavorare facendo partire da sola la famiglia. Finché un giorno, quasi per caso, Pooh perde traccia dei suoi amici e attraverso un portale magico sbuca a Londra per chiedere aiuto al lontano amico umano.
L’escamotage sembra blando, forse avrebbe avuto più senso se a trovare i giocattoli fosse stata Madeline, perché se un padre lascia sola la famiglia per lavorare, per quale motivo dovrebbe ripensarci solo per aiutare delle creature di questo tipo? Invece la magia di Disney sta proprio in questo: rende possibile l’impossibile e riesce a ricongiungere gli affetti anche tramite espedienti che perfino i protagonisti avrebbero sottovalutato.
Christopher si reca dunque fa appunto Ritorno al Bosco dei 100 Acri, dove deve convincere il gruppo di peluche che non è davvero cambiato – infatti lo ritengono un Heffalump, una delle creature magiche da loro cacciate quando erano all’apice della forma – ma non si possono smentire gli effetti del tempo, spesso indurenti.
Ewan McGregor è comunque adatto alla parte, è bravissimo e molto simpatico, aiuta molto a mitigare le carenze del personaggio. Christopher infatti potrebbe risultare poco interessante e si innesta in un film che fondamentalmente vuole ingraziarsi i più piccoli rimproverando gli adulti per aver perso la cognizione di ciò che è davvero importante. Eppure, purtroppo sappiamo fin troppo bene che sia negli Anni ’40 che oggi, spesso un padre non riesce a coniugare al massimo lavoro e famiglia. La morale del film, comunque, resta il punto più in discussione. Pooh infatti sostiene che “il non far nulla induce spesso alle conseguenze più inaspettate”. Che siano positive o negative, sicuramente Disney poteva fare qualcosa di meglio.
Ritorno al Bosco dei 100 Acri verrà rilasciato nelle sale italiane il 30 agosto 2018. Il trailer del film è disponibile qui.
Riassunto
Ritorno al Bosco dei 100 Acri è un tentativo di Disney di rispolverare un franchise, quello di Winnie the Pooh, che ha dovuto confrontarsi con esempi più riusciti del passato, patendo il confronto in modo talvolta evidente. La regia di Marc Forster è ben orchestrata e imprime di nostalgia dosata la pellicola, che può contare sull’ottimo McGregor nei panni di un personaggio altrimenti poco corposo.