Le ultime uscite al cinema di questo agosto italiano pieno di blockbuster e di film per lo più sottotono, ha già regalato qualche piccolo esempio di regia indie, come nel caso – ahinoi pietosamente deludente – di Die in One Day, dove Eros D’Antona ha potuto rispolverare alcuni rimandi al cinema horror e thriller classico senza però alzare il tenore di questo mese cinematografico, né rendere onore ai capisaldi visivi ai quali si è ampiamente riferito. Discorso sorprendentemente diverso invece per Most Beautiful Island, film dell’oramai lontano 2017, giunto nelle nostre sale con un certo ritardo.

Il film, diretto e interpretato da un’evidente esperta Ana Asensio, riprende anch’esso alcuni degli stilemi classici del thriller a sfondo erotico, senza però cadere nemmeno per un inquadratura nel malfatto – o peggio – nell’approssimativo. La regia di Asensio è infatti calibrata, ha un intento preciso e conduce lo spettatore in un cammino tracciato appositamente per fare da testimone a Luciana, protagonista di Most Beautiful Island.

La trama è sorprendentemente semplice. Luciana giunge a New York dalla Spagna, non ha nemmeno un dollaro bucato per pagare il gelato ai bambini che segue come baby sitter – figuriamoci per pagare le bollette o l’affitto – ha un passato accennato ma travagliato. L’unico contatto è Olga, immigrata sovietica, che le chiederà di sostituirla ad un party al quale dovrà semplicemente partecipare senza scambiare nessun tipo di contatto fisico e una volta finita la serata avrebbe ricevuto un pagamento di 2000$ in contanti. Una manna dal cielo per Luciana, che accetta senza pensarci ma capirà presto che qualcosa non va, finendo in un covo di ricchi scommettitori che puntano niente di meno che sulla sopravvivenza delle concorrenti a dei giochi a dir poco sadici.

La regia di Most Beautiful Island è sapiente e dosata

Most Beautiful Island cinematown.it

Guardando Most Beautiful Island ci si rende conto immediatamente che il film non ha intenzione di raccontare nulla di particolare o di approfondire qualcosa di impegnato intellettualmente; anzi, Asensio usa il film come uno strumento per mettere in pratica alcune capacità registiche davvero intelligenti e ricercate. L’arco narrativo della sceneggiatura è talmente breve da coinvolgere lo spettatore in un momento piccolissimo della vita di Luciana, ma straordinariamente colmo di cambi di location e di personaggi, includendo nel film una serie di piccoli dettagli soffusi che non servono a edificare il percorso del personaggio, quanto a volte a presagire al pathos verso cui punta la trama.

L’intento in Most Beautiful Island non è tanto voler sorprendere o lasciare tracce – come in un qualsiasi thriller – ma dilatare i tempi giustificando la brevità dell’arco narrativo e facendoci vivere gli eventi con lo stesso ritmo interiore di Luciana. Una regia lenta – che superficialmente potrebbe trarre in inganno per la carenza di contenuti – ma che mira a farci vedere il racconto come lo sta realmente vivendo la protagonista; assistiamo così agli eventi principali con lo stesso tempo che impiegheremmo nel mondo reale stando così al passo di Luciana, accorgendoci che non stiamo guardando un film, ma bensì la sua stessa vita coi suoi stessi occhi. Un esperimento registico davvero unico e ben riuscito, che conferisce a Most Beautiful Island il rango di cinema d’autore.

La fotografia di Most Beautiful Island è il tocco vintage per eccellenza

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A dare a Most Beautiful Island un tocco d’autore ancora più ricercato è la fotografia di Noah Greenberg, che sin dal primo frame riesce ad introdurci in un mondo ovattato che tutto sembra tranne un film prodotto nell’era del 4K. Le tinte sono ben definite e nel complesso la sfumatura data alle inquadrature sono un rimando a dei giochi di luce e utilizzo della post produzione simile ai migliori film prodotti su pellicola durante gli Anni ’90. Un tocco vintage forse non voluto, ma dal potenziale evidente e ben coniugato con la regia, perfettamente amalgamati anche negli spaventosi dettagli ravvicinati a misura di aracnide. I dettagli sono infatti il secondo punto di forza della regia, che insieme alla dosatura dei tempi narrativi, aggiunge regolarmente dei dettagli ravvicinati decisamente efficaci al fine di rendere il film un buon esempio – seppure nelle sole battute finali – del genere thriller.

In ultimo, il terzo elemento che mescola regia e fotografia, facendone occasionalmente da contrappunto, è la colonna sonora – sebbene in Most Beautiful Island sia ridotta al minimo per quel che riguarda la componente musicale. Jeffery Alan Jones compone una serie di temi che sopraggiungono nei momenti topici del film dove il racconto si tinge di nero, conferendogli un’atmosfera cupa e sofisticata, dimostrando anche in questo compartimento della produzione quanto Ana Asensio avesse ben definito in mente il percorso da seguire senza lasciare nulla al caso e stabilendo con abile strategia il ritmo col quale giungere al finale – uno dei più aperti e metaforici mai visti negli ultimi tentativi indipendenti.

Most Beautiful Island sarà nelle sale italiane a partire dal 16 agosto 2018. Il trailer è disponibile qui.

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  • Regia
  • Sceneggiatura
  • Fotografia
  • Recitazione
  • Colonna sonora
3.6

Riassunto

Most Beautiful Island non è il classico film thriller che si concede una trama tesa o piena di indizi, ma che preferisce dedicare la propria attenzione alla regia, sfruttata magistralmente non come osservatore o narratore onnisciente ma come manifestazione della psicologia del personaggio di Luciana. Un percorso estremamente semplice e lineare di un’ora e mezza che non pretende di stupire ma di coinvolgere attraverso un ciclo di eventi che altri non sono che delle soggettive della protagonista sul mondo che la circonda. Da vedere se si apprezza il cinema semplice ma con qualcosa da dire.

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